Segnonline: L’arte di collezionare arte. Intervista con Ezio Pagano
di Raul Alonso
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Pubblicato il 21/08/2024
È uscito in Spagna “El abecedario del coleccionista – Claves para orientarse en el mercado del arte”, il libro scritto da Ezio Pagano, edito in Spagna da Editorial Cantico è pubblicato in Italia da Kappabit Editore di Roma. Raúl Alonso ha intervistato l’autore per Medium, proponiamo qui, per gentile concessione dell’Editorial Cantico, la traduzione in italiano.
L’arte contemporanea in Spagna e in Italia ha subito un’evoluzione significativa dalla fine del XX secolo a oggi. Entrambi i Paesi, con un ricco patrimonio culturale e artistico, hanno visto le loro scene artistiche trasformarsi sotto l’influenza dei cambiamenti sociali, economici e tecnologici.
In Spagna, la Movida Madrileña degli anni ’80 ha segnato un rinascimento culturale post-dittatura, dando vita a un’esplosione di creatività in tutte le forme d’arte. Questo movimento ha gettato le basi per una scena artistica vibrante che ha continuato a evolversi. Artisti come Miquel Barceló e Jaume Plensa hanno ottenuto riconoscimenti internazionali e istituzioni come il Museo Reina Sofía, il Guggenheim Museum Bilbao e la Fondazione Collezione Thyssen-Bornemisza hanno consacrato la Spagna come importante centro per l’arte contemporanea. La fiera ARCO di Madrid è diventata un punto di riferimento internazionale, mentre eventi come la Biennale di Valencia hanno contribuito a decentralizzare la scena artistica, a cui si aggiungono tutte le iniziative in microformati che mantengono un tessuto abbastanza dinamico di produzione artistica attraverso cooperative, reti di creatori e collezionisti e azioni culturali organizzate nei quartieri di alcune città, come i mercati d’arte che occupano spazi pubblici per un giorno.
L’Italia, invece, ha mantenuto la sua eredità di culla del Rinascimento adattandosi alle nuove correnti artistiche. Città come Milano, Torino e Venezia sono diventate poli dell’arte contemporanea, ospitando fiere internazionali come Artissima e la Biennale di Venezia, che attirano artisti, collezionisti e curatori da tutto il mondo. La Fondazione Prada di Milano e il MAXXI di Roma sono esempi di istituzioni che si sono fortemente impegnate nell’arte contemporanea, creando spazi di dialogo tra il classico e l’avanguardia. Inoltre, il rapporto tra l’arte contemporanea e la tradizione classica italiana ha creato un dialogo unico in cui passato e presente coesistono. Artisti come Maurizio Cattelan e Michelangelo Pistoletto hanno sfidato le convenzioni e portato l’arte italiana a nuovi livelli.
La professionalizzazione del settore dell’arte contemporanea in entrambi i Paesi è stata un processo graduale ma costante. In Italia, figure come Ezio Pagano hanno svolto un ruolo cruciale in questo senso. Il suo lavoro come fondatore dell’osservatorio artistico siciliano “Museum” esemplifica gli sforzi per creare piattaforme che non solo espongano l’arte contemporanea, ma incoraggino anche la ricerca e il dialogo critico. In Spagna, iniziative come il Master in Art Market and Related Business Management dell’Università Antonio de Nebrija o il programma di studi curatoriali del MACBA riflettono la crescente domanda di professionisti specializzati nel settore.
Tuttavia, entrambi i Paesi devono affrontare sfide simili. La situazione lavorativa precaria di molti giovani artisti, la necessità di un maggiore sostegno istituzionale e la ricerca di un equilibrio tra la conservazione del patrimonio storico e la promozione dell’arte contemporanea sono temi ricorrenti. Inoltre, la globalizzazione del mercato dell’arte ha intensificato la concorrenza, costringendo gallerie, musei e artisti ad adottare strategie innovative per distinguersi in una scena internazionale sempre più satura.
L’irruzione delle nuove tecnologie e dell’arte digitale ha aggiunto un nuovo livello di complessità al panorama. Le NFT, la realtà virtuale e le esperienze immersive stanno ridefinendo i confini dell’arte e ponendo nuove sfide a collezionisti, galleristi e musei. Questo cambiamento di paradigma ha portato a una profonda riflessione sul ruolo dell’arte nella società contemporanea e sulla sua capacità di affrontare questioni urgenti come il cambiamento climatico, la disuguaglianza sociale o l’identità culturale in un mondo iperconnesso.
In questo contesto di trasformazione e sfida, figure come Ezio Pagano assumono una rilevanza particolare. La sua esperienza di mercante, collezionista e fondatore di istituzioni offre una prospettiva unica sull’evoluzione dell’arte contemporanea in Italia e, per estensione, nell’Europa meridionale. Le sue intuizioni possono far luce su come navigare in questo complesso ecosistema artistico, dove il locale e il globale si intrecciano in modi sempre più intricati.
Per fare luce su tutto questo, abbiamo intervistato Ezio Pagano, che ha appena pubblicato il suo lavoro El abecedario del coleccionista in spagnolo presso la casa editrice Cántico.
Signor Pagano, mi permetta una prima chi è Ezio Pagano?
Un visionario di 76 anni che non smette di sognare quel giorno in cui tutti sentiranno il bisogno di alimentare anche lo spirito e non soltanto il corpo.
Oltre a essere un collezionista, lei è anche un artista?
No! Eppure artisti lo siamo tutti; già il solo modo di vivere è una forma d’arte. Poi c’è chi incolla banane al muro e viene considerato artista e chi esprime la propria creatività secondo metodi classici anche se moderni.
Signor Pagano, lei è stato testimone e protagonista di grandi cambiamenti nel mondo dell’arte contemporanea italiana. Come descriverebbe l’evoluzione della scena artistica in Italia dalla fine del XX secolo a oggi?
Rispetto le buone intenzioni della sua domanda, ma purtroppo in questo periodo non vedo alcuna evoluzione nell’Arte. Ovviamente ci sono singole personalità impegnate in questo senso, che però fanno meno rumore dei tanti artisti modaioli che popolano il mercato a cominciare dalle aste televisive. Questo lo considero un fallimento per l’Arte e dimostra che non è stato recepito in pieno il messaggio di Piero Manzoni con “Merda d’artista”.
Il suo libro L’ABC del collezionista è diventato un punto di riferimento, cosa l’ha spinta a scriverlo e quali aspetti ritiene fondamentali per comprendere il collezionismo d’arte oggi?
Per la pubblicazione sono stato incoraggiato da Gillo Dorfles, che leggendo alcune mie riflessioni mi suggerì di raccoglierle e pubblicarle.
In merito alle collezioni, penso che, per essere tali, devono avere una mission diversamente sono raccolte; inoltre, le collezioni sono di due tipi, con opere storicizzate, dove basta avere a disposizione un manuale di storia dell’arte e quelle con opere di pittori emergenti. Ovviamente le seconde sono difficili e dunque appannaggio di collezionisti più o meno esperti. In questo caso più che mai un manuale come “El abecedario del coleccionista” può rivelarsi utile.
Parliamo dei suoi inizi. Anche se nel libro ci racconta già la sua storia, ci dica chi era il signor Gillo Dorfles e cosa ha significato per lei.
Gillo Dorfles è stato il Deioce del libero pensiero, ma soprattutto è stato un uomo libero in un mondo solo apparentemente libero. Sicuramente è stato uno dei più lucidi critici e storici dell’arte del XX secolo, conosciuto e riconosciuto in molti paesi del mondo, compresa la Spagna. Per me ha significato molto, perchè mi ha fatto capire che la vera ricchezza di un uomo è la libertà.
Può raccontarci alcuni dei suoi aneddoti più belli durante l’acquisizione di un’opera?
Dopo aver deciso di iniziare una collezione con soli artisti siciliani, pensai di cominciare comprando un’opera di Carla Accardi. Indirizzai quindi la mia ricerca verso opere museali, come i legni dipinti coperti da sicofoil, ma mi resi subito conto che per opere di questo genere ci sarebbero voluti più di duecentomila euro di cui non disponevo (avevo appena finito la costruzione dell’edificio che doveva ospitare la collezione), ne parlai con l’amica Carla che mi rispose: – e tu che problema hai? te la regalo io -. Qualche settimana dopo arrivò “Virgole”, l’opera gemella di quella della Fondazione Prada.
Raccontai al critico Eva di Stefano quanto mi era accaduto, lei aveva appena curato una mostra di Pietro Consagra alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo, prese l’iniziativa e chiamò Consagra, prima ancora che io avessi il tempo di dirgli che Pietro era amico mio. L’esito della telefonata fu un nulla di fatto, Consagra disse alla di Stefano che durante gli anni della mia attività galleristica non l’avevo mai invitato a fare una mostra e che per questo non aveva scultura da donarmi. Ovviamente io ci rimasi male, ma dato che le cose che diceva Consagra erano vere chiudemmo l’argomento. Feci passare una settimana e telefonai questa volta io a Consagra, il quale senza neanche farmi parlare mi regalò un’opera. Ovviamente io rimasi disarmato. Non mi sembrava vero, ma non mi sembrava vero, a questo punto, nemmeno la telefonata di Eva di Stefano, che pure ha fatto con me presente. Trascorso poco tempo arrivò una scultura trasparente che mi lasciò un pò deluso, no perchè non fosse interessante ma perchè non mi sembrava un’opera museale. Pensai quindi di scrivergli per trovare meglio le parole e spiegargli il perchè, ma rinviavo giorno dopo giorno, accumulando un cospicuo ritardo fin quando fu lui a chiamarmi per sapere se l’avessi ricevuta e se era di mio gradimento. Questa volta rimasi letteralmente paralizzato dalla vergogna, sicuramente lo intuì e fece tutto lui, dicendomi che nei giorni successivi il fonditore gli avrebbe consegnato un bronzo, che lui avrebbe firmato e fatto spedire a me dallo stesso; riguardo l’altra scultura mi disse che non era il caso di restituirla e che avrei potuto tenerla.
Ovviamente questi aneddoti, che non sono i soli, sanno dell’incredibile, ma sono fatti veri.
La fondazione di “Museum”, l’osservatorio artistico siciliano, è stata una tappa importante, cosa l’ha spinta a creare questa istituzione e cosa ha significato per lei e per la scena artistica siciliana?
Museum ha significato per me il coronamento di una vita dedicata all’arte, o per meglio dire un autoriconoscimento. Con Museum la Sicilia e i siciliani hanno scoperto che non siamo fanalino di coda, casomai la punta di diamante dell’arte italiana. Infatti, è solo per il destino crudele che hanno gli uomini del sud che artisti siciliani come Guttuso, Accardi, Sanfilippo, Consagra, Scarpitta, Migneco, Greco, Cappello, Fiume, Isgrò, Corpora, Perez, Salvo, Rosa Barba e moltissimi altri, si sono dispersi emigrando. Con la collezione di Museum avviene il contrario, la concentrazione in Sicilia degli artisti nati nell’Isola, così si è potuto evidenziare che in Italia il primato dell’arte spetta alla Sicilia.
Secondo lei, quali sono le tendenze più significative dell’arte contemporanea italiana di oggi e c’è un movimento o uno stile che secondo lei definirà quest’epoca?
Questo secolo è caratterizzato dal confluire di più stili, accentuato dalla globalizzazione, sarà un secolo di grande opacità, dove c’è chi impasta i colori con le terre dipingendo alla maniera di Caravaggio e chi fa arte Bionica Fotocatalitica, Fotoluminescente, Nanotecnologica. Queste opere materiche attraverso un’energia passiva rivelano la loro immagine e bonificano l’ambiente come avviene in natura. A settembre a Bagheria curerò una mostra di Filippo Panseca con queste caratteristiche e sarà la prima volta che opere come queste vengono esposte.
Guardando oltre l’Italia, quali artisti spagnoli ritiene stiano dando contributi particolarmente interessanti alla scena artistica internazionale?
Non saprei rispondere con precisione a questa domanda. Mi limito a dire che l’ultimo artista spagnolo che ho apprezzato è Miquel Barcelò, che ho conosciuto tramite l’amico Bruno Bischofberger. Mi sono pure interessato di promuovere in Italia Josè Morea, artista di Valencia.
Fenomeni globali come Damien Hirst hanno ridefinito il concetto di artista-brand, qual è la sua opinione su queste figure e sul loro impatto sul mondo dell’arte?
Non ho molto interesse per queste forme d’arte, io penso che dopo “Fontana” di Marcel Duchamp non ci sia spazio per squali, banane e cose di questo genere, ciò non toglie che Hirst e Cattelan siano due grandi artisti.
Per lei, cos’è l’arte e come definirebbe la sua funzione nella società contemporanea?
L’ho già detto prima, ma mi fa piacere ripeterlo, l’arte è il nutrimento dell’anima e l’umano senza questo nutrimento si trasforma in umanoide. Una vera sconfitta per l’umanità.
In un mondo sempre più digitale e frenetico, come pensa che l’arte possa influenzare positivamente la qualità della nostra vita?
Se penso a tutto ciò che oggi viene proposto come arte non credo che possa influenzare positivamente la qualità della vita. L’arte nell’era dell’intelligenza artificiale è un enigma per tutti e comunque non lascia presagire nulla di buono. Se dipendesse da me darei l’attestato di artista solo a chi sfida l’era digitale con gli strumenti dell’arte tradizionale.
Il mercato dell’arte sta subendo cambiamenti significativi con l’avvento di nuove tecnologie come le NFT. Come vede il futuro del collezionismo e dell’esposizione dell’arte in questo contesto?
Non riesco a vederlo. Ad ogni modo non sono interessato a questo tipo di collezionismo. In fondo è un mondo nuovo che non avrò tempo di conoscere bene, per quel poco che mi passerà sotto il naso, lo guarderò stupito e con grande curiosità. Amo l’arte del XX secolo e ho difficoltà a varcare la soglia.
Infine, sulla base della sua vasta esperienza, quali consigli darebbe ai giovani artisti e professionisti che si affacciano al mondo dell’arte contemporanea?
L’arte contemporanea è l’arte prodotta oggi, indipendentemente se dipinta da Guttuso o da Fontana, la stessa arte domani sarà moderna per poi diventare antica. Quindi contemporaneo, moderno, figurativo, astratto sono solo termini convenzionali. La partita vera si gioca su altri fattori: l’arte e la non arte.
Ai giovani artisti raccomando di pensare con la propria testa e stare lontani dalle mode, magari non entrando a far parte delle scuderie di certe Gallerie; dipingere con la stessa tecnica di sempre, usando tela, colori e pennelli. Non fare differenza tra arte astratta e figurativa, perchè l’arte è astratta solo se non sai leggerla, quando impari a leggerla diventa figurativa. Il guaio è quando il dipinto non comunica, perchè vuol dire che non è arte.